Cos’è l’Oltrepò Pavese? È la punta della regione Lombardia che, in provincia di Pavia, si protrae al di sotto del Po. La sua forma è grossomodo triangolare, una sorta di compatto grappolo d’uva attaccato al tralcio rappresentato dal Grande Fiume. Di questo grappolo si scartano la porzione basale, pianeggiante e pertanto non vocata alla vite, e la punta, eccessivamente montagnosa. Tutta la fascia centrale rimanente è regno indiscusso della collina, che, a tratti dolce ma assai spesso aspra nelle pendenze, identifica l’Oltrepò vitivinicolo; una terra dove l’uomo si cimenta con l’uva e col vino fin dalla notte dei tempi.
I circa 13.500 ettari vitati rendono l’Oltrepò Pavese una delle prime cinque denominazioni italiane per estensione. In questo mare sconfinato di vigne trovano spazio diversi vitigni ma il principe incontrastato è il Pinot nero: coltivato su circa 3 mila ettari, marchia indelebilmente il territorio come il più grande bacino nazionale dedicato a questa varietà.
Pinot nero, vitigno poliedrico che esprime diversi ‘colori’
Taluni ampelografi ipotizzano la presenza di genotipi ancestrali del Pinot nero sulle colline dell’Oltrepò già dall’epoca dei Romani. Citazioni più certe risalgono poi al 1500 ma è nella seconda metà del 1800 che, a Rocca de’ Giorgi, s’impianta, con successo, diversi ettari di cloni francesi. È l’inizio di un’avventura che coinvolgerà tutto il territorio, caratterizzandolo soprattutto per una fortissima vocazione spumantistica; nel 1912 il cartello pubblicitario ‘Gran spumante Svic” (Società Vinicola Italiana di Casteggio) svetta accanto alla statua della Libertà di New York a commozione degli emigranti in arrivo. Seguono anni febbrili e numerosissimi riconoscimenti ottenuti da svariati marchi aziendali. Nel 1970 arriva la Doc ‘Oltrepò Pavese’ mentre nel 2007 nascono la Docg ‘Oltrepò Pavese Metodo Classico’ e nel 2010 la Doc ‘Pinot nero dell’Oltrepò Pavese’, quest’ultima dedicata al vino rosso fermo. Se traduciamo i vini in colori, quindi, le possibilità ‘cromatiche’ del Pinot nero in Oltrepò sono molteplici, e vanno dal bianco al rosso, ma l’espressione più originale è quella delle bollicine rosa; una storia recente che poggia su radici antiche!
Cruasè, il ‘brand’ portabandiera del territorio
La nascita della Docg Oltrepò Pavese Metodo Classico porta ad una discussione che si concretizza con l’individuazione nella tipologia rosè del vero cavallo di battaglia. Un vino che è contemporaneamente emblema di un territorio, di un vitigno e di un metodo di spumantizzazione, il più nobile. La scelta ‘in rosa’ ha legato infatti una fortissima personalizzazione delle bollicine al valore della naturalità (la leggera spremitura del Pinot nero spontaneamente genera un mosto rosato), pertanto il Consorzio ha ritenuto di rafforzarla dotandola di un marchio immediatamente riconoscibile agli occhi del consumatore, ‘Cruasé’. Cruasè, che deriva da ‘cru’ (selezione) e ‘rosè’, identifica il Metodo Classico rosato ottenuto in Oltrepò Pavese da uve Pinot nero ed è oggi il prodotto che distingue questo territorio nei confronti di tutte le altre aree spumantistiche italiane ed estere. Prodotto nelle tipologie ‘Brut’, ‘Extrabrut’ e ‘Brut Nature’ ha un affinamento minimo sui lieviti di 18 mesi; ideale a tutto pasto, accompagna egregiamente stuzzichini e ‘finger food’ o rappresenta, da solo, un originalissimo e seducente aperitivo.
Il Metodo Classico in bianco, oltre un secolo di tradizione
In Oltrepò il Pinot nero, già a partire dai primi anni del ‘900, viene spumantizzato massicciamente nella versione ‘bianca’, la più diffusa tipologia dei Metodo Classico a livello mondiale. Ne esce un prodotto che, nel panorama delle bollicine, si distingue per il nerbo e l’austerità varietali, apprezzati dagli estimatori, più o meno intensamente ammorbiditi dagli apporti del lievito nei lunghi anni di permanenza sulle fecce (millesimati).
Pinot nero in rosso, la nobiltà di una scelta difficile
La valorizzazione della vinificazione in rosso del Pinot nero, intrapresa da alcune aziende a partire dagli anni Cinquanta, determina, nel 2010, la nascita della Doc ‘Pinot nero dell’Oltrepò Pavese’, interamente dedicata a questo vino prodotto unicamente nella versione ‘ferma’. È un percorso, quello del Pinot nero vinificato in rosso, che come gli enologi di tutto il mondo ben sanno, è irto di tensioni e, spesso, delusioni, ma foriero dei più mirabolanti successi quando tutti gli elementi della vocazionalità si esprimono. Una sfida difficile che permette all’Oltrepò di gareggiare con aree mondiali dove le bottiglie incarnano il mito stesso del vino.
IL CONSORZIO
Il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese ha cinquant’anni di storia ed è riconosciuto quale “erga omnes” dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali per l’elevata rappresentatività pari a circa l’80% della produzione di una filiera che consta di 1700 imprese. Il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese è stato infatti riconosciuto ed autorizzato dal MiPAAF ad operare ai sensi dell’art. 17 comma 4 del D.Lgs. n. 61/10, ovvero ad esercitare nei confronti di tutti i soggetti inseriti nel sistema dei controlli delle denominazioni: DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico e DOC Bonarda dell’Oltrepò Pavese, Oltrepò Pavese, Oltrepò Pavese Pinot grigio, Pinot nero dell’Oltrepò Pavese, Sangue di Giuda dell’Oltrepò Pavese o Sangue di Giuda, le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alle denominazioni stesse. La missione consortile è tutelare e promuovere una delle prime cinque Denominazioni d’Italia per numero di ettari vitati: 13mila 500.
Scrivi un commento